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"Qualcosa rimane"

Qualcosa Rimane

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CAST TECNICO
collaborazione alle scene Giovanni Licheri e Alida Cappellini
direttore allestimento Andrea Duilio Sorbera
costumi Valter Azzini
luci Paolo Meglio
sarta Mara Gentile
direttore palco Marco Parlà
regista assistente Lucilla Mininno
assistente alla regia Maria Lavia

MUSICHE
Perfect Day (Patty Smith)
Have you ever seen tha rain (Creedence Clearwater revival)
Perfect Day ( Lou Reed, Anthony Hegarty)
Dance me  to the end of love (Leonard Cohen)




NOTE DI REGIA

"Qualcosa rimane " è una commedia drammatica di Donald Margulies (Premio Pulitzer  2000).
Tratta il tema dello scontro generazionale tra una scrittrice di grande talento e fama (Ruth Steiner interpretata da Monica Guerritore), che alterna la pubblicazione di romanzi di successo all'insegnamento a pochi giovani allievi dotati e una giovane scrittrice (Lisa Morrison interpretata da Alice Spisa), affamata di  tutto. La donna ha un vissuto misterioso, che è allo stesso tempo dolore e nascita del suo diventare  'scrittrice' e che rivelerà alla  sua  allieva/amica solo a seguito dell'intimità che si verrà a creare tra loro: la complessa relazione affettiva, quando era una giovanissima aspirante scrittrice, con Delmore Schwartz]*,  poeta, filosofo, scrittore, mentore tra l'altro di  Lou Reed all'Università di Syracuse e protagonista del Dono di Humboldt di Saul Bellow e l'esperienza nel mondo rivoluzionario  della  Beat Generation (Ginsberg, Kerouac, William Borroughs...). La giovanissima Lisa percepisce la potenza di quel mondo, fatto di esperienze, ma la fretta, dominus della gioventù, le fa sembrare impossibile arrivare a tanta ricchezza creativa. Lei che ha tempo non vuole sprecarlo: vuole scrivere, vuole produrre, vuole pubblicare anche a costo di tradire...

Scrive Monica Guerritore nelle note di regia "Sono i tempi e le dinamiche che viviamo: il tempo fa si che le esperienze (quali che siano) sviluppino in noi via via radici salde e profonde. Ciò che emerge nel mondo di fuori è nutrito, alimentato da quel tessuto radicolare, che essendo però invisibile, non ha valore per chi invece vive la sua giovane età non prendendo in considerazione le fessure (squarci della coscienza) interiori (anche del pensiero). L'immaginario, l'opera creativa o di pensiero, oggi, è così facilmente replicabile  attraverso la tecnica (riproduzione), che  non necessità  di esperienza diretta, può essere orecchiata e fatta propria. Ed ecco allora che la giovane Lisa è intelligente al punto da riconoscere il talento della sua 'maestra', determinata al punto di volere imparare da lei la tecnica della scrittura, sensibile al punto da percepire la pienezza della donna, ma impaziente o avida (o disillusa?) al punto da non volere aspettare che la vita lavori su di lei creando radici nel suo cuore… E ruba così 'la vita dell'altra'...tradimento della relazione maestro-allievo, copia e incolla tipica del nostro tempo fatto di repliche o semplicemente "morte "a ciò che sta morendo per dare" vita" a ciò che sta cominciando a vivere  e non importa se ciò che comporta è il tradimento? Tradire in fondo  pesca il suo senso da tradurre , andare da un’altra parte.

Questi sono i temi, tanti e fluidi, così come la vita insegna, che scruto con la mia mia regia. La mia visione del testo , come spesso mi accade, travalicherà il testo scritto, per andare a cercare...capire...Per me il teatro è innanzitutto il "cosa"...e poi c'è il "come"...Lou Reed, Patti Smith, Leonard Cohen, allievi di quegli artisti saranno in scena con le loro stupende ballate. Ho fortemente voluto Alice Spisa, giovanissima vincitrice del premio Ubu 2013, per interpretare il complesso ruolo della giovane Lisa Morrison e a confrontarsi con me nel ruolo di Ruth Steiner. Rivedo in lei me ragazzina nei miei primi grandi ruoli e la grinta e il talento dei miei anni: sarà una dura lotta. Lunga. Che non si esaurisce in una sera in palcoscenico... Il teatro è anche questo. É faticoso ed emozionante. Al cielo si sale con le mani. Non ci sono ali (o aiutini, scorciatoie). Ci sono le mani…le nostre operose mani. Ci vediamo in palcoscenico. Monica Guerritore

*Delmore Schwartz, Professore alla Syracuse University N.Y .Muore prematuramente nel  1966. "Nei sogni cominciano le responsabilità" è pubblicato da Neri Pozza



Letteratura come vita...
prof.R.Danese
Università degli Studi di Urbino Carlo Bo

L'assioma di Carlo Bo potrebbe essere il marchio distintivo della vicenda di Ruth e Lisa, due donne che, loro malgrado, si specchiano l'una nell'altra attraverso il filtro impietoso della scrittura, la parola letteraria che media continuamente il dialogo fra loro modellando il loro vivere e il loro confrontarsi come persone. Ruth è una famosa scrittrice ebrea che ha costruito la sua dimensione artistica vivendo appieno una grande stagione letteraria attraverso il rapporto con Delmore Schwarz, una delle figure più influenti sulle forme migliori della controcultura americana, in una scia che porta da Allen Ginsberg a Lou Reed fino a Saul Bellow e, mutatis mutandis, agli U2. Lisa è l'ultima dei discepoli di Ruth, prima timida e quasi servile, poi amica sempre più profondamente innervata nella quotidianità della scrittrice.  La simbiosi fra maestra e allieva cresce e si trasforma negli anni, il rapporto fisico, la condivisione degli spazi, la trasmissione del sapere, delle storie e delle esperienze diviene un progressivo svuotamento di Ruth per riversarsi nella crescita spietata di Lisa. Il maestro muore progressivamente e inevitabilmente nella vita dell'allievo, che da passivo ricettore diventa vorace parassita che sugge con meditata lentezza ogni stilla generata dall'incrocio tra vita vissuta e vita immaginata nel narrare. La beat generation è un sfondo paradigmatico, nel suo valore dirompente e nel suo diventare mito imprigionato dalla santificazione editoriale: Schwarz prima e poi Ginsberg, Corso, Kerouac, Burroughs scrivevano le loro poetiche sulla pelle devastata dal sesso liberato, dalle droghe che aprivano i confini della creatività e insieme divoravano i corpi, da una promiscuità mentale e fisica che nulla negava e tutto rubava, producendo grandi emuli capaci di nutrirsi del loro progressivo disfacimento. Ruth è uno di questi, forse l'esempio più fulgido e tormentato. E Lisa ha imparato bene la lezione, si aggira nella casa di Ruth come un vampiro che abbranca seduttivamente la sua preda, nella paziente attesa di bere il sangue delle sue esperienze e di incarnare in una nuova giovinezza l'arte e la personalità della maestra. Nella mise en scène  di Monica Guerritore l'allieva, la materia vergine e grezza, si trasfigura fra controluci psicologiche, emblematicamente scontornate dalle cromie sceniche, e assume sempre di più le fattezze del parassita necessario, in un gioco di affinità elettive e contrasti durissimi, scandito dall'uso profondamente significativo degli spazi del proscenio, ove ogni oggetto, ogni elemento visivo, ogni contrappunto sonoro e musicale ha un ruolo fondamentale nell'accompagnare il drammatico confronto fra le due attrici che danno vita alla pièce. Al di là della storia mutuata da Margulies, questo spettacolo è un saggio importante di quanto oggi la parola letteraria abbia bisogno di rinascere nella fisicità performativa, di quanto l'immaginazione registica e attoriale siano molto di più di un tributo alla storia del teatro, ma diventino una spinta formidabile, antica e nuova, alla restituzione, sotto forma di inevitabile intermedialità, di quei valori culturali e civili che l'arte in sé sta tristemente smarrendo fra logiche di mercato e sacrificio sull'altare di un annichilente utilitarismo. E alla fine Qualcosa rimane.
prof. Roberto M. Danese
docente di Filologia Classica, Fortuna della cultura classica e Letteratura e cinema Università degli Studi di Urbino Carlo Bo





Helen Mirren & Monica Guerritore








RECENSIONI


Monica Guerritore in un lavoro ferocissimo e di rara intensità

“Qualcosa rimane” di Delmore Schwarz. Una riflessione abissale sul senso dell’arte e dell’amore

In bilico sul nulla. Fu un Rimbaud redivivo. Il suo nome era Delmore Schwarz. Visse dimorando nell’arte, divorato dall’arte. Quando giungi al suo cuore infernale, svelandola nuda, muori. Ti uccide. Come fanno le divinità pagane e silvestri, che non si fanno uccidere (come Cristo), ma uccidono. Delmore Schwarz ha avuto due vite. La prima è durata 52 anni. Nato a Brooklyn nel 1913, un passaggio alla Columbia, dei beat fu uno dei più geniali e inafferrabili. Muore corroso dalla depressione, inabissato nell’alcolismo, all’Hotel Marlon, New York, dove bivaccava da tempo, in una tersa giornata di luglio. Si accorsero del suo corpo due giorni dopo, quando bisce di puzzo s’infiltravano sotto la porta, lungo le scale.

La seconda vita di Delmore Schwartz è nella penna, nella mente, nel cuore di altri artisti. Saul Bellow dedica a questo genio inquieto il suo romanzo più bello, Il dono di Humboldt; Robert Lowell lo onora con un poemetto; John Berryman scrive per lui un libro. Lou Reed ne fa una icona: scrive canzoni ispirate ai versi di Schwarz, scrive racconti. Anche gli U2 omaggiano Schwarz: nella canzona Acrobat, nell’album Achtung Baby. Donald Margulies, già Premio Pulitzer, uno che con le agiografie degli scrittori ha una certa dimestichezza (lo scorso anno ha scritto la sceneggiatura del film sulla vita di David Foster Wallace, The End of the Tour), in Collected Stories (titolo italiano: Qualcosa rimane) rifila il mito di Delmore Schwarz raccontando la storia di Ruth Steiner, allieva e amante di Schwarz, che si confronta con la pupilla dalle clamorose ambizioni, Lisa, che cannibalizza la maestra.

La messa in scena di un rapporto feroce, che interroga temi abissali come il senso e la verità dell’arte, la fedeltà alla memoria, l’ostinazione nel custodire i legami umani, ha affascinato Monica Guerritore, che ha imbracciato l’opera e ne ha curato la regia. «Il tema centrale? Il tradimento della relazione maestro allievo, copia e incolla tipico del nostro tempo fatto di repliche o semplicemente “morte “a ciò che sta morendo per dare “vita” a ciò che sta cominciando a vivere; e non importa se ciò che comporta è il tradimento. Tradire in fondo pesca il suo senso da tradurre, andare da un’altra parte», ci dice lei.

Ora Simone Bruscia, esattamente un anno dopo aver portato il lavoro a Riccione, installa Qualcosa rimane al Teatro Astra di Bellaria, oggi, sabato 16 gennaio (ore 21,15; biglietti a 15 e 12 euro; info: www.teatroastrabim.it), nel bel mezzo di un tour strepitoso, che porterà la pièce, pressoché per tutto gennaio e febbraio, da San Sepolcro a Sanremo, da Fasano e Gioia del Colle a Rieti, Salerno, Teramo, Vasto, Campobasso... In sottofondo, le musiche, pazzesche, di Patty Smith, di Lou Reed, di Leonard Cohen, come a dire, l’epoca in cui per penetrare l’arte si rischiava tutto.

«La mia visione del testo, come spesso mi accade, travalicherà il testo scritto, per andare a cercare... capire... Per me il teatro è innanzitutto il “cosa”. E poi c’è il “come”». Nessuna paura di fronteggiare il nuovo, la regia, un nuovo, ultimo gesto interpretativo? «Tutto è in cammino, sempre. Ma solo chi non ha paura di perdere quello che ha (che poi è nulla e se lo tieni stretto si atrofizza e perde il suo valore originario) si avventura e non ha paura del cambiamento». Insieme a te, Alice Spisa. «Giovanissima vincitrice del premio Ubu 2013. Rivedo in lei me ragazzina nei miei primi grandi ruoli e la grinta e il talento dei miei anni: sarà una dura lotta. Lunga. Che non si esaurisce in una sera in palcoscenico. Il teatro è anche questo. Faticoso ed emozionante.

Al cielo si sale con le mani. Non ci sono ali (o aiutini, scorciatoie)». La Guerritore, mentre vagabonda per i teatri, è in tivù, su Rai 3, con la fiction Non uccidere. Fa Lucia, condannata per aver uccido il marito. «Lucia è un personaggio molto complesso. La scelta della cruda ripresa del mio viso mette lo spettatore, intuitivamente nella percezione giusta del personaggio e regala con la sua immaginazione la sua storia alla donna seguendo piccoli indizi rubati dalla sua assenza e dal cuore pesante che rivela nei tratti sofferti. Ecco cos’è la meraviglia della interpretazione». Donna bellissima, si sa, la Guerritore, soprattutto, è tra gli artisti più intelligenti in un Paese frollato dall’idiozia. - RomagnaNOI



"Monica Guerritore  è un’attrice di grande spessore, ma questa volta ha messo in evidenza una capacità narrativa dei più intimi sentimenti umani implementandoli con una  significativa e geniale regia dove sia la scenografia che le basi musicali sono operosi mezzi del filo narrativo ed emozionale. Alice Spisa è brava quanto Lei : e non è facile fare lo specchio! Un grande successo scandito dalla sonorità e lunghezza degli applausi al termine della rappresentazione ma più che altro dal silenzio sacrale e rispettoso con il quale il numeroso  pubblico ha seguito il confronto-scontro tra i più profondi sentimenti dei personaggi in azione
(Mauro Guidi -Lettera 43- marzo 2015)