di MICAELA URBANO
ROMA Il cappotto nero come il golfino, le gambe accavallate, lo sguardo
febbrile. Una sigaretta. La spezza, getta via il filtro, l’accende.
E inizia a parlare, con una forza spiazzante, alla quale non c’è
replica. Ma solo lei. Monica Guerritore, l’ultima diva. Che invece
di zigomi al silicone, sfoggia minuscole rughe, segni di un passato che
non le è scivolato addosso. Ma che l’ha resa Donna.
Si è appena cambiata, Monica. Dopo essersi sposata in bianco in
una ventosa mattinata nella Roma del Lungo Tevere e del Ghetto. Per esigenze
di sceneggiatura, in raso e trine, ha detto sì a Thomas Trabacchi
nella Sinagoga illuminata dai candelabri e dalla fioca luce del giorno.
In quel Tempio in cui corre l’anno 1927 e che si trasforma in set
per la terza volta nella storia del cinema. La sequenza è un flashback
di Exodus , d iretto da Gianluigi Calderone, realizzato da Mario Rossini
della Red Film per Raifiction e seguito ideale della Fuga degli innocenti
, stesso titolo (e argomento) del film diretto nel ’60 da Otto Preminger
e interpretato da Paul Newman. Scritto da Nicola e Giuseppe Badalucco
e Franca De Angelis è tratto da I clandestini del mare , libro
autobiografico di Ada Sereni. Ada che con il marito Enzo socialista sionista,
intellettuale ed esponente dell’alta borghesia ebraica romana parte
alla volta della Palestina, che per loro è Erez Israel (terra di
Israele) dove, insieme con un gruppo di giovani oriundi polacchi realizzano
il grande sogno. E fondano il primo kibbutz, il Chivat Brenner. Ada, che
nel ’45 lascia quell’oasi per cercare il marito, scomparso
un anno prima in Italia. Ada, leader del movimento di immigrazione clandestina
in Palestina che allora è protettorato britannico. Ada, «sempre
più Ada», scriveva Enzo Sereni.
Monica Guerritore è Ada. «Non un’eroina, ma una donna
giusta. Un personaggio d’acciaio, che a tutti i costi tenta di tradurre
in realtà ideali e utopia. E lo fa quasi inconsapevolmente. Schizofrenicamente.
Divisa tra la disperata ricerca dell’uomo che ama e il desiderio
di portare in Palestina gli ebrei sopravvissuti ai lager, persone senza
patria e senza sogni. Sì, credo proprio fosse due anime in una,
Ada. Una sempre più decisa, più maschia, che affiorava mano
a mano che il marito si allontanava sempre più dalla sua vita.
L’altra, ferma, diplomatica e aristocratica, con cappellino e veletta,
che prendeva il sopravvento durante gli incontri con i politici».
Una delle prime scene che l’ha toccata di più, «è
stato quando, in un campo di concentramento orrendamente ricostruito fin
nei minimi dettagli, mi sono ritrovata fra le mani il libro nero, quello
in cui veniva segnato il nome, la data di nascita e di morte dei prigionieri.
Tre anni, dieci anni, undici anni. Dio, ho pensato, tutti quei bambini
trucidati per niente. Dio, questo è un film, ma questa è
anche la verità... Guardare, toccare, rende reale quello che fai
anche se c’è una macchina da presa che ti riprende. E tu
piombi nell’angoscia che pian piano si stempera in una tensione
che dura fino alla fine del film».
Exodus , un altro modo di raccontare la Shoah. Un altro modo di narrare
gli anni della Seconda Guerra. Protagonista preferita dell’ultimo
anno e mezzo di fiction televisive. Questa però, è soprattutto
la storia di una donna e del suo coraggio. Di personaggio che come tutti
aveva paura, e si sentiva sola, con la responsabilità dei suoi
figli e di altri figli da portare nella Terra Promessa. Non un’eroina,
dice la Guerritore, nonostante lo sembri, ma una «giusta».
In un mondo in cui anche i giusti sono rari.
Dopodomani, l’ultimo giorno di riprese. Mentre la messa in onda
è per ora prevista per il giorno della Memoria 2007.
Nel cast, ci sono anche Giuliana Lojodice, Loredana Cannata e Andrea Osvart.
11 Maggio 2006