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Interviste a Monica

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La sua generosità, che la fa aprire al mondo, è anche la sua rovina, la causa della sua dissipazione.
Questo meccanismo alienante è tipico delle donne o di chiunque si apre al sogno?

La mia formazione deve molto alla psicologia junghiana: abita dentro di noi non una figura sola - l'io eroico, il padre, il super io che muove le azioni - ma tutto un piccolo popolo. Ognuno di noi è una casa, abitata da figure psichiche autonome ed autentiche, sia maschili che femminili, che si raccontano. L'anima le accoglie tutte e le ascolta. Dice il mito greco che l'anima, Psiche, è una fanciulla "errante", nel senso che fugge, cerca, si muove, ma in questo suo errare sbaglia, tradisce il suo sentiero primigenio. Dove va non interessa né a me né a Emma. Lei è l'anima errante, il luogo del sogno a cui anela è un'esca, un pretesto. La sua consapevolezza è vaga. Lei sa solo che deve muoversi, anche a costo di sbagliare, perché questo è il suo istinto alla vita, questa è la sua rivelazione. La provincia francese, il matrimonio come follia, la monogamia tramandata come un gergo, sono le tante prigioni in cui l'anima si trova costretta e da cui deve evadere. Pena la morte, o la rassegnazione, che è cosa assai peggiore della morte. Penso ad Anna Karenina, alla Lupa. Come Don Chisciotte devono rigenerarsi muovendosi. È importante la forza che spinge ad errare abbandonando le convenzioni e le certezze consolanti, l'obiettivo non interessa. Anche gli uomini percepiscono questo: soffrono con Emma il travaglio dell'anima che si dibatte come una falena. Per me anche attraverso un personaggio femminile, che è mutevole per eccellenza, che si scioglie con le lune, che si trasforma nella maternità. Gli uomini intendono meglio la camminanza dell'anima

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